Tra le questioni che in queste ultime settimane hanno maggiormente interessato il mondo dei contratti pubblici c’è sicuramente quella sollevata dal parere di precontenzioso ANAC n. 343 del 20 luglio 2023 (clicca qui) e dalla circolare del Consiglio Nazionale degli Ingegneri n. 98 del 26 ottobre 2023 (clicca qui), riguardante i criteri di aggiudicazione ammissibili nelle procedure di affidamento di servizi di ingegneria e di architettura.

Sintesi della questione

Le posizioni di ANAC e Consiglio Nazionale degli Ingegneri sono consimili e, sostanzialmente, sono così riassumibili:

  • la L. 49/2023 statuisce all’art. 3 la nullità delle clausole per un compenso non equo, dopo aver definito l'”equo compenso” come la ” […] corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti rispettivamente: a) per gli avvocati, dal decreto del Ministro della giustizia emanato ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247; b) per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27; c) per i professionisti di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4, dal decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, con cadenza biennale, sentite le associazioni iscritte nell’elenco di cui al comma 7 dell’articolo 2 della medesima legge n. 4 del 2013 […] “;
  • in ragione della necessaria ed indefettibile equità del compenso, non sarebbe dunque valida la clausola, contenuta in incarichi professionali (anche soggetti all’applicazione del D.lgs. 36/2023), che prevedesse un prezzo (determinato a seguito di ribasso e/o a seguito di riduzione preventiva dell’importo posto a base di gara) inferiore a quanto determinabile in virtù dei decreti suddetti di fissazione mediata o immediata dei parametri per i compensi professionali;
  • conseguentemente, in una procedura di affidamento ex art. D.lgs. 36/2023 non si potrebbe legittimamente assoggettare a ribasso il compenso stimato in virtù dei parametri predetti.

Il Consiglio degli Ingegneri, poi, chiarisce anche che, non essendo possibile, sostanzialmente, l’offerta economica:

  • nel caso di affidamento diretto, la Stazione Appaltante, dovendo decidere discrezionalmente (al di là, dunque, del criterio del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa: si valorizzi, al fine della presente affermazione, la circostanza che l’art. 50 c. 4 precisa che l’aggiudicazione degli appalti avviene secondo uno dei due criteri appena citati solo in relazione alle procedure negoziate), dovrebbe adottare criteri di natura solo qualitativa;
  • nelle altre procedure, la Stazione Appaltante dovrebbe scegliere sempre il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (anche perchè, almeno per i servizi di ingegneria ed architettura, così dispone l’art. 108, c. 2, lett. “b”), nella “variante” (poco conosciuta, ma effettivamente esistente) secondo cui il prezzo o il costo rimangono fissi e, sul piano pratico, l’offerta è al 100% tecnica;
  • riguardo gli affidamenti diretti in particolare, si potrebbe immaginare un ribasso sulle spese (ultronee rispetto al compenso), però ci sarebbe il rischio di un appiattimento delle offerte laddove tutti rinunciassero alle stesse e non vi fossero ulteriori parametri di natura tecnica.

Considerazioni

Come anche richiamato espressamente nella circolare del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, il nuovo Codice ribadisce il principio dell’equo compenso all’art. 8, c. 2, secondo periodo.
Aggiungo, tra l’altro, che si tratta di una disposizione collocata nel titolo I (rubricata “Principi generali”), della parte I del libro I del D.lgs. 36/2023.
Il legislatore codicistico ha infatti dedicato una speciale attenzione alla tutela del lavoro, come si evince dal (pur controverso) ritorno alla non ribassabilità dei costi della manodopera o dalla collocazione nei principi generali di un articolo (strutturalmente di tipo burocratico-operativo) come l’art. 11, rubricato “Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore. Inadempienze contributive e ritardo nei pagamenti“).
In altri termini, nel nuovo Codice si tutela il lavoro, tanto dipendente, quanto autonomo-professionale.
La tutela del lavoro, nel nuovo Codice, è anzitutto “non ribassabilità” del corrispettivo della prestazione lavorativa.
Questa impostazione può non essere condivisibile. Vi sarebbe parecchio da discutere sul fatto che l’autonomia professionale possa essere normativamente protetta “da se stessa” attraverso forme imperative di indisponibilità negoziale, o ancora sull’ossimoricità di una definizione di “equità” che, lungi dall’essere una “giustizia del caso concreto” sottratta a rigide predeterminazioni), si sostanzia invece nella predeterminazione di numeri da cui non ci si potrebbe discostare.

Tuttavia, il quadro, anche assiologico e sociologico-antropologico, è questo, e con questo quadro dobbiamo confrontarci. Ad avviso dello scrivente, sembrano eccessivamente limitanti le conclusioni in ordine alle procedure di affidamento.

In primo luogo, ferma restando la non ribassabilità del compenso determinato in base alle tariffe predette, rimarrebbe comunque uno spazio per l’offerta economica limitatamente alle spese estranee all’equo compenso. L’offerta economicamente più vantaggiosa, dunque, può ben avere una componente di natura economica ed è bene che, salvo casi eccezionali, vi sia sempre: il risultato va infatti visto, ai sensi dell’art. 1, come una combinazione di tempestività e rapporto qualità/prezzo, quindi non si vede perchè una componente siffatta debba essere tout court eliminata. Analogamente potrà ragionarsi sugli affidamenti diretti, dove tra l’altro vige una discrezionalità ancora più ampia per la Pubblica Amministrazione.

In secondo luogo, se l’offerta economica (o, più in generale, un’offerta sul prezzo) è legittima purchè limitata alle spese extra-compenso, bisogna valutare se l’Amministrazione può, in caso di affidamento diretto, limitare la valutazione al solo aspetto economico. Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri propende per una soluzione negativa in ragione di evitare l’appiattimento delle offerte. A parere dello scrivente, tuttavia, bisogna distinguere tra opportunità e legittimità: in termini di opportunità, le considerazioni del Consiglio sono certamente utili e degne di riflessione, ma in termini di legittimità il ragionamento è diverso.
La Stazione Appaltante, in caso di affidamento diretto, è dotata di una discrezionalità tale da poter perfino superare gli steccati delle due tipologie di criterio di aggiudicazione e, pertanto, tale discrezionalità può chiaramente operare anche in senso di autovincolo: la Stazione Appaltante, in altri termini, ha la discrezionalità di adottare un parametro di affidamento (non può parlarsi tecnicamente di “criterio di aggiudicazione” in virtù dell’art. 50, c. 4) che non preveda margini discrezionali di valutazione.
Si guadagna, chiaramente, in termini di trasparenza, e si guadagna anche in termini di speditezza della procedura.
Si guadagna, inoltre, in termini di accesso al mercato (si v. l’art. 3, tra i principi generali che possono orientare l’interpretazione e l’applicazione di ogni altra disposizione del Codice), perchè se si dovesse sempre prevedere un’offerta tecnica, ci sarebbe il rischio di lasciare al di fuori della competizione chi magari non fosse in possesso di elementi curriculari tali da marcare la differenza tra un professionista ed un altro, ma ininifluenti per la procedura. Così come in un appalto di 350.000 euro è necessaria la classifica II, ma può partecipare ugualmente in una gara al prezzo più basso (e senza distinzioni o preferenze) tanto l’impresa che possedesse la classifica II, quanto quella che possedesse la VII, così in un servizio di ingegneria ed architettura di non particolare complessità non dovrebbe costituire un elemento differenziale il curriculum in sé e per sé considerato.
Non spaventi, infine, il sorteggio, necessario al fine di scegliere tra offerte identiche: il sorteggio infatti è escluso nelle sole procedure negoziate e non può operare solo in fase di invito (si v. l’art. 50 c. 2).

Quanto appena esposto, ovviamente, è a sua volta “esposto” alle intemperie delle oscillazioni normative, dogmatiche e giurisprudenziali, che vivificano certamente la vita del D.lgs. 36/2023 e di chi, a vario titolo, ci lavora.