Il sito www.newscontrattipubblici.it è ben lieto di ospitare l’articolo del brillante amico Filippo Brianni, pluridecennale e multi-settoriale avvocato, nonché giornalista e animatore storico-culturale.
Il tema trattato non riguarda direttamente il settore dei contratti pubblici, ma desta un certo interesse perché, nell’affrontare il tema dell’inquadramento dogmatico-giuridico degli atti di revoca degli assessori, la sentenza offre importanti spunti per comprendere le coordinate geografiche della motivazione del provvedimento amministrativo in funzione della tipologia dello stesso: nel nuovo codice, infatti, l’esaltazione della discrezionalità dell’Amministrazione induce ad un raffinamento delle modalità di strutturazione della motivazione e, pertanto, il principio di diritto della pronuncia in esame costituisce un polo importante di riflessione e valutazione dell’azione amministrativa.

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Autore: Avv. Filippo Brianni

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia rimodula, specifica e per certi versi amplia le indicazioni date negli ultimi dal Consiglio di Stato in ordine all’obbligo di motivazione nei provvedimenti di revoca degli assessori da parte dei sindaci.

Con la sentenza n. 219 resa lo scorso 25 marzo (v. la sentenza per esteso: CGA 219 2024), il CGA ha precisato che la motivazione di revoca di un assessore, anche quando non sia espressamente enunciata può essere “desumibile da atti e comportamenti documentati, riconducibili all’indirizzo politico della maggioranza di governo dell’Ente locale”.

I PRINCIPI

Più in dettaglio. Il CGA ha anzitutto ribadito il principio, già reiteratamente fissato dal Consiglio di Stato, secondo cui la revoca dell’assessore non sia un atto meramente politico ma costituisca un atto di alta amministrazione, in quanto “ad oggetto la nomina di organi vertice di amministrazioni ed enti pubblici”. Precisa il CGA, in punto di dottrina, che gli atti di alta amministrazione sono da considerarsi “una species del più ampio genus degli atti amministrativi” e che quindi, in punto anche di giurisprudenza, “soggiacciono al relativo regime, ivi compreso il sindacato giurisdizionale” e, ovviamente, l’obbligo di motivazione che costituisce principio generale con riferimento a tutti gli atti amministrativi.

Con riferimento a tale ultimo aspetto, il CGA si sofferma su quanto possa essere penetrante il controllo del Giudice Amministrativo sulla motivazione della revoca dell’assessore e, di conseguenza, quale sia il livello di sufficienza oltre il quale il provvedimento di revoca può considerarsi motivato. Mutuando Cons. Stato, sez. V, n. 4502 del 2011; Id., n. 936 del 2021; Id., n. 2071 del 2023), la sentenza conferma che il controllo del giudice “non è della stessa ampiezza di quello esercitato in relazione ad un qualsiasi atto amministrativo, ma si appalesa meno inteso e circoscritto alla rilevazione di manifeste illogicità formali e sostanziali”. Quindi, nel caso di revoca degli assessori “La stessa motivazione assume connotati di semplicità e il sindacato del giudice risulta complessivamente meno inteso ed incisivo”.

Alla luce di tale premessa, il CGA conferma che la revoca di un assessore va sempre motivata, in quanto atto di alta amministrazione, ma che la motivazione può essere semplice, le ragioni espressamente enunciate o comunque, quando anche non siano espressamente enunciate – e qui il passo in avanti rispetto al Consiglio di Stato – “desumibili da atti e comportamenti documentati in giudizio, riconducibili all’indirizzo politico della maggioranza di governo dell’Ente locale”.

IL CASO

Per meglio comprendere la portata ed il senso della pronuncia occorre brevemente ricostruire la vicenda pratica che ne costituisce la genesi.

Un sindaco decideva di sostituire il proprio vice sindaco con due determine: con la prima revoca il vice sindaco senza indicare le ragioni; con la seconda e contestuale, provvedeva alla nomina di un nuovo vice sindaco, motivando la scelta con la necessità di dare impulso all’attività amministrativa e seguire l’indirizzo della maggioranza.

Il vice sindaco estromesso ricorreva al Tar lamentando, tra l’altro che la determina di revoca non indicava le ragioni specifiche per cui sarebbe venuta meno la fiducia rispetto al sindaco.

Il Tar di Catania accoglieva il ricorso sostenendo la necessità di motivare quello che era configurabile come un atto di alta amministrazione e che, nel caso specifico la motivazione non indicava “i fatti e delle ragioni afferenti ai rapporti politici all’interno della maggioranza consiliare che hanno eziologicamente leso il rapporto di fiducia”.

Ricorreva al CGA il Comune soccombente, che sinteticamente evidenziava:

  • Che il regime normativo (art. 46 c. 4 D Lgs 267/2000 e art. 12, c. 9 L R 7/92) era chiaro nell’attribuire al sindaco la scelta di nomina e revoca degli assessori, con l’unico obbligo di relazionare al Consiglio comunale; la norma non impone – e di conseguenza la motivazione non deve riportare – ragioni specifiche della scelta, nella piena discrezionalità del sindaco eletto dai cittadini;
  • Che anche l’atto, simmetrico, di nomina dell’assessore poi revocato, non era stata motivata;
  • Che comunque non si poteva pretendere, come sosteneva il Tar una motivazione sui fatti specifici che hanno determinato la lesione del rapporto (meramente politico) di fiducia tra sindaco e suo vice, essendo il controllo giurisdizionale limitato alla verifica della regolarità dell’atto ed alla sua non arbitrarietà o funzione discriminatoria;
  • Che nel caso specifico, le ragioni comunque emergevano, oltre che dalle determine impugnate, anche dalle delibere consiliari con cui la maggioranza si riconosceva nel provvedimento del sindaco e manifestava un atteggiamento politicamente contrapposto rispetto a quello del vice sindaco poi reintegrato dal Tar. Si segnalava altresì che il provvedimento del Tar aveva determinato uno stallo nell’attività amministrativa in quanto la linea del vice sindaco – sindaco facente funzioni – reintegrato attraverso la sentenza del Tar era contrapposta a quelle degli altri assessori e della maggioranza, con ciò palesandosi che effettivamente il provvedimento di revoca originariamente impugnato era condiviso e che effettivamente il rapporto di fiducia tra vice sindaco (revocato e poi reintegrato) e resto della maggioranza era ormai definitivamente reciso. Si segnalava ancora che il vice sindaco revocato era stato precedentemente nominato da “esterno”, non essendo stato candidato e quindi eletto e che, a seguito della sospensione del sindaco e della reintegra del vice sindaco revocato, il comune si trovava nella paradossale situazione di essere guidato da un vice sindaco (sindaco facente funzioni) nominato da esterno, non eletto, e la cui linea era contraria a quella degli altri tre assessori e della maggioranza consiliare, come emergeva dalle delibere di giunta e consiglio comunale.

Il CGA ha ritenuto di aderire all’impianto argomentativo del ricorso, cercando di “maneggiare” con coerenza l’obbligo di motivazione cui soggiacciono gli atti amministrativi con la tipologia specifica di atto che, normativamente, riserva al sindaco la scelta in modo del tutto autonomo ed esclusivo e, di conseguenza, di un controllo del giudice amministrativo assolutamente formale e limitato alla verifica che l’atto abbia raggiunto la sua funzione, senza sindacare nel merito delle ragioni (pacificamente riservate alle valutazioni del sindaco) e limitandosi a costituire un baluardo verso atteggiamenti che, attraverso l’atto di revoca volessero in realtà raggiungere finalità meramente arbitrarie e discriminatorie e lontane dell’interesse dell’ente. Perciò prendendo atto dell’ampia discrezionalità del sindaco in tema di nomina e revoca degli assessori, ha ritenuto possibile evincere la motivazione della revoca non solo dalla mera determina in cui la revoca era contenuta ma dal contesto di atti e fatti da cui si evinceva l’armonia formale (restando le ragioni di competenza del sindaco) della scelta alle finalità indicate dalla norma ed alle indicazioni della maggioranza scelta dai cittadini.

        CONCLUSIONI

Insomma, coordinando le recenti pronunce del Consiglio di Stato con questa nuova e più audace pronuncia del CGA, la motivazione con cui si revoca un assessore deve riguardare, più che l’atto formale in sé, la “scelta sostanziale” che l’atto estrinseca e formalizza e perciò può essere desunta anche da altri atti e/o fatti che ne manifestino ed esternino le ragioni. E, soprattutto, ciò che il Giudice può sindacare è la regolarità formale dell’atto e l’assenza di sviamento del potere di nomina/revoca verso fini estranei alla sua funzione (che è la definizione dell’assetto della giunta in armonia con l’indirizzo della maggioranza) trasbordando in atteggiamenti discriminatori o palesemente arbitrari, estranei alle finalità pubbliche cui ogni atto amministrativo deve comunque essere sempre funzionale.