Scomodata la terminologia geofisica per descrivere il notevole impatto della giurisprudenza del 2022 in materia di consorzi stabili (per approfondire vedi qui), il nuovo Codice rimette quasi tutto in sesto, laddove il “quasi” è un omaggio al principio di entropia (secondo cui lo stesso intervento di semplificazione accresce comunque gli elementi del sistema giuridico e, come tale, può generare ulteriori problemi interpretativi!) e l’espressione “rimettere in sesto” va semplicemente intesa come una sorta di “riduzione in pristino” dello status quo ante, che aveva la funzione rassicurante delle situazioni consolidate ed assestate.
Sinteticamente, nell’ultima giurisprudenza del 2022, venivano erosi due fondamentali capisaldi su cui si era da sempre sviluppata la disciplina dei consorzi:
- la regola del cumulo alla rinfusa, secondo cui il consorzio stabile si qualifica sulla base della sommatoria dei requisiti posseduti dalle singole consorziate (ad es., se ad un consorzio afferiscono 10 imprese con la categoria OG1 di differenti classifiche, il consorzio sarà qualificato nella categoria OG1 nè in base alla classifica minima, nè in base alla classifica massima, ma n base ad un calcolo che consente di sommare le singole classifiche possedute);
- la regola per cui il consorzio può designare quale impresa esecutrice anche una consorziata non in possesso dei requisiti.
La regola del cumulo alla rinfusa, sostanzialmente, mutava in ragione della novella del D.L. 32/2019, secondo cui la cumulabilità era limitata alla “[…] disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo […] ” (v. l’ultima formulazione dell’art. 47 c. 1 D.lgs. 50/2016)
La regola della libera designabilità veniva invece riconfigurata in base ad un diverso modo di intendere il rapporto tra consorzio e consorziata, infliuenzata comunque da un contesto ordinamentale segnato dall’introduzione delle citate forti limitazioni alla regola del cumulo alla rinfusa.
Fatta questa premessa, andiamo al D.lgs. 36/2023, che dispone sia pro praeterito, sia pro futuro.
Pro praeterito, il D.lgs. 36/2023 dispone quanto segue all’art. 225 c. 13.
“13. Gli articoli 47, comma 1, 83, comma 2, e 216, comma 14, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, si interpretano nel senso che, in via transitoria, relativamente ai consorzi di cui all’articolo 45, comma 2, lettera c), del medesimo codice, ai fini della partecipazione alle gare e dell’esecuzione si applica il regime di qualificazione previsto dall’articolo 36, comma 7, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 e dagli articoli 81 e 94 del regolamento di esecuzione ed attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207. L’articolo 47, comma 2-bis, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, si interpreta nel senso che, negli appalti di servizi e forniture, la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara“.
Si tratta di due disposizioni dichiaratamente di interpretazione retroattiva, ma sostanzialmente solo la seconda lo è.
La prima disposizione (che riguarda gli appalti di lavori) dà luogo in realtà ad una vera e propria norma retroattiva, perchè sostituisce l’art. 47 c. 1 con l’art. 36 c. 7 D.lgs. 163/2006, che al primo periodo prevedeva la regola semplicissima secondo cui ” […] il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate […] ” , senza alcuna limitazione in ordine ai requisiti cumulabili: il dictum dell’art. 47 c. 1 D.lgs. 50/2016 riserva invece la cumulabilità ai soli requisiti, già citati, della disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonchè dell’organico medio annuo. L’art. 225 c. 13 D.lgs. 36/2023 avrebbe cioè quoad effectum eliminato di fatto una parte importante della struttura testuale dell’art. 47 c. 1.
La prima disposizione, in ogni caso, recide lo spartiacque tra requisiti cumulabili e non, ritornandosi quindi alla disciplina del D.lgs. 163/2006, sicuramente assestatasi nel senso di una piena esplicabilità del cumulo alla rinfusa.
La seconda disposizione (che riguarda invece gli appalti di servizi e forniture), invece, è tecnicamente una norma di interpretazione autentica, perchè sceglie effettivamente una delle interpretazioni possibili dell’art. 47 c. 2-bis e cioè che la verifica della effettiva sussistenza dei requisiti in capo ai singoli consorziati va effettuata anche per consorziati diversi da quelli designati in sede di gara.
Con la seconda disposizione, in altri termini, il legislatore conferma l’applicabilità piena del cumulo alla rinfusa anche per servizi e forniture: la verifica dei requisiti è estesa anche alle imprese non designate nella misura in cui proprio da quelle non designate possono trarsi i requisiti non posseduti dall’impresa designata (v. melius Tar Molise, n. 169/2022, dove si interpreta l’art. 47 c. 2-bis proprio come affermato dall’art. 225 c. 13 D.lgs. 36/2023, nel senso quindi che la verifica va effettuata anche sulle imprese non designate, in un contesto ordinamentale in cui l’art. 47 c. 2-bis andrebbe interpretato, sempre secondo la pronuncia, come una conferma del cumulo alla rinfusa).
Ragioniamo, ora, pro futuro.
L’art. 67 c. 2 D.lgs. 36/2023 conferma innanzitutto chiaramente la regola tradizionale del cumulo alla rinfusa
“2. L’allegato II.12 disciplina, nelle more dell’adozione del regolamento di cui all’articolo 100, comma 4, la qualificazione degli operatori economici, fermo restando che per i consorzi di cui all’articolo 65, comma 2, lettera d):
a) per gli appalti di servizi e forniture, i requisiti di capacità tecnica e finanziaria sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate;
b) per gli appalti di lavori, i requisiti di capacità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento sono posseduti e comprovati dagli stessi sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate“.
Si veda, poi, l’art. 67 c. 8 primo periodo, secondo cui “[…] con riguardo ai consorzi di cui all’articolo 65, comma 2, lettera d), ai fini del rilascio o del rinnovo dell’attestazione di qualificazione SOA, i requisiti di capacità tecnica e finanziaria sono posseduti e comprovati dai consorzi sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate […] “.
Come visto sopra, la regola del cumulo alla rinfusa riguarda la qualificazione del consorzio, ma non dice ancora riguardo l’altro grande tema dell’eseguibilità delle prestazioni da impresa designata non in possesso dei requisiti.
Viene subito in soccorso il comma 3 dell’art. 67, che al secondo periodo precisa che ” […] Le autorizzazioni e gli altri titoli abilitativi per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione ai sensi del comma 3 dell’articolo 100 sono posseduti, in caso di lavori o di servizi, dal consorziato esecutore […] “.
I requisiti di ordine speciale sono indicati all’art. 100 commi 1 e 2, ma nell’art. 67 c. 3 secondo periodo è richiamato il solo comma 3: ragionando a contrario, quindi, al consorziato esecutore è richiesto di possedere solo il requisito dell’iscrizione alla camera di commercio (v. melius l’art. 100 comma 3), ma non i requisiti di ordine speciale come ad es. l’attestazione SOA per qualifica e classifica sufficiente.
Anche pro futuro, pertanto, il D.lgs. 36/2023 è tornato al D.lgs. 163/2006.
So, back to 2006?
Yes, of course. And probably it’s good.