Com’è noto, l’art. 106 del D.lgs. 50/2016, rubricato “Modifica dei contratti durante il periodo di efficacia“, ha creato non poche difficoltà interpretative ed applicative, principalmente perchè, a mio modo di vedere, troppo “radicale” rispetto all’impostazione concettuale (ma anche terminologica) delle precedenti esperienze codicistiche. Nel D.lgs. 50/2016 la nozione di “modifica” assurge a nuovo genus, di cui la “variante” diventa una semplice species: l’attenzione si sposta dal progetto al contratto e la “modifica” tende ad assorbire anche gli ambiti del “complementare” e del “supplementare“, prima radicalmente esclusi dall’operatività della variante.

A distanza di 7 anni, l’art. 106 D.lgs. 50/2016 non è stato ancora completamente digerito. In questa cornice di sociologia dell’interpretazione va compreso l’impatto dell’art. 120 D.lgs. 36/2023, che riprende l’impianto logico dell’art. 106, ma non ne evita le complessità applicative. In questo articolo si appunta l’attenzione solo sul comma 5, che pur nella sua semplicità e nettezza stilistica rischia di far implodere la struttura dell’art. 120.

Il testo è il seguente: “Sono sempre consentite, a prescindere dal loro valore, le modifiche non sostanziali“. Una volta definite le “modifiche sostanziali” al comma 6, l’interpretazione del comma 5 sembra piuttosto semplice: le modifiche non sostanziali sarebbero sempre ammesse, analogamente a quanto prevedeva l’art. 106 D.lgs. 50/2016, che al comma 1, lettera e), ammetteva le modifiche “se non sono sostanziali ai sensi del comma 4“.

Il comma 5, tuttavia, se posto a confronto con il nuovo testo dell’art. 120 visto nel suo complesso, provoca più di una difficoltà interpretativa.

Procediamo con ordine.

L’art. 120 comma 6 definisce “sostanziale” una modifica “quando altera considerevolmente la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa” e, contemporaneamente, l’art. 120 comma 1 ammette le ipotesi di cui alle lettere a) e c) (rispettivamente e sinteticamente, quando le modifiche sono previste nei documenti di gara e quando dipendano da circostanze imprevedibili dalla stazione appaltante) purchè, “nonostante le modifiche, la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa possano ritenersi inalterate“.

La condizione relativa alle ipotesi di cui all’art. 120 c. 1 lettere a) e c), ovvero che rimangano inalterate la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa, riguarda quindi sicuramente ipotesi di modifica non sostanziale, in quanto una modifica non sostanziale potrebbe aversi anche in presenza di un’alterazione della struttura del contratto o dell’operazione economica sottesa, purchè però l’alterazione non sia considerevole. In altri termini, la condizione della non alterazione è certamente soddisfatta in caso di modifica non sostanziale, di cui anzi è un caso limite perchè non vi sarebbe nemmeno alterazione.

Nasce quindi una domanda: che senso avrebbe individuare le ipotesi specifiche di cui alle lettere a) e c) se già vi è un’ipotesi generalizzata riguardo l’ammissione delle modifiche non sostanziali?

I possibili esiti interpretativi del comma 5 in combinato disposto con il comma 1 sarebbero quindi due:

i) le ipotesi di cui alle lettere a) e c) sono sottoposte alla condizione della inalterazione (più stringente rispetto alla condizione della “non considerevole alterazione“) e rappresenterebbero quindi delle deroghe al principio della generalizzata ammissibilità delle modifiche non sostanziali;

ii) il comma 5 va interpretato non nel senso che consente in modo generalizzato le modifiche non sostanziali, ma semplicemente nel senso che le modifiche non sostanziali non sono sottoposte  a limiti di valore (le modifiche sarebbero quindi consentite nelle sole ipotesi tassative di cui al comma 1 ed al comma 3).

L’ipotesi sub i) non risulterebbe però facilmente sostenibile, perchè non si capirebbe perchè, nel caso della lettera a), una modifica prevista nei documenti di gara sarebbe sottoposta alla condizione della non alterazione mentre una modifica non prevista nei documenti di gara potrebbe anche essere ammessa nell’ipotesi di alterazione, sia pur non considerevole.

L’ipotesi sub ii), d’altra parte, sarebbe rispettosa (forse eccessivamente) del principio di legalità, ma sembrerebbe contrastare con il dato testuale (l’avverbio “sempre” è indicativo dell’esistenza di un precetto generalizzato) ed avrebbe un valore precettivo limitato, che consisterebbe solo nel fatto che la stazione appaltante non potrebbe introdurre limiti di valore per le modifiche non sostanziali (nell’art. 106 D.lgs. 50/2016 veniva invece prevista tale facoltà per la stazione appaltante) al di fuori delle ipotesi in cui, in realtà, il limite è già previsto ex lege (si pensi alle ipotesi di cui all’art. 120 c. 1 lett. “c” con il limite del 50% ed alle ipotesi di cui all’art. 120 c. 3).

Il limite di valore, pertanto, non potrebbe operare nè nell’ipotesi di cui alla lettera a), nè nell’ipotesi di cui alla lettera d) qualora si tratti di una modifica non sostanziale (per la lettera “d” non vi è il limite espresso della “non alterazione“, nè della “non sostanziale” della modifica risultante): per la lettera d), tuttavia, la modifica è soggettiva e quindi non può strutturalmente operare una modifica del contratto sul piano oggettivo.

Nel momento in cui si scrive, si ritiene che la soluzione interpretativa preferibile è quella sub ii), perchè almeno non incorre in effetti assurdi quale quello relativo alle modifiche previste/non previste nei documenti di gara ed è, in ogni caso, più prudente: non si nega, tuttavia, che siano possibili interpretazioni differenti e più ampie, che del resto sarebbero più conformi all’impianto assiologico del nuovo codice, che valorizza la discrezionalità delle stazioni appaltanti nella prospettiva del risultato e nel substrato della fiducia reciproca.